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Lo smart working è una vera e propria fortuna per la nostra generazione, ma dobbiamo saperlo fare. E anche bene. Qui ti diamo qualche dritta su come fare.

La diffusione degli smartphone e dei device tecnologici impone una riconsiderazione del tempo: possiamo continuare tranquillamente a pensare a orari di lavoro fissi, ma nel frattempo saranno gli strumenti a dettarci task, compiti, e orari.

È la nuova ruota produttiva di Charlie Chaplin. Più che tempi moderni, tempi contemporanei. La conseguenza è l’aumento dello stress. Ci svegliamo la mattina e troviamo già delle notifiche sul nostro smartphone: si va dalle email ai messaggi su WhatsApp, fino agli strumenti di project management come Asana e Trello. Passiamo gran parte del tempo in riunione, spesso deconcentrati dal focus della stessa, perché nel frattempo lo schermo dello smartphone continua a illuminarsi. E quando decidiamo di staccare, la sera, siamo spesso tentati dal controllare le notifiche, e così andiamo a letto con il pensiero di quello che dovremo fare il giorno dopo.

Il ciclo si ripete.

Siamo noi i nuovi poveri.

Quelli che rincorrono le notifiche.

Ma il mondo del lavoro di oggi non è peggiore di quello di ieri, è solo un mondo diverso con abitudini diverse da quelle che sono state le nostre per anni. Oggi è possibile, per esempio, lavorare in mobilità con la stessa efficienza con la quale si lavora da una postazione fissa. A volte anche meglio.

Nell’ultimo anno ho viaggiato tantissimo per lavoro. Per di più ho preso treni, ma anche aerei e auto. E ho scoperto che tutto passa da un’adeguata organizzazione della settimana, che il tempo si dilata e che quattro ore intense possono valere più di quattro giorni non organizzati. D’altronde lo diceva anche Timothy Ferriss, nel suo bellissimo 4 ore alla settimana. Ricchi e felici lavorando 10 volte meno.

 

Uno strumento imprescindibile: il pensiero mobile 

Va da sé che senza i tool adeguati sarebbe molto più difficile organizzarsi. Avere un router wi-fi, dei carica batteria sempre a portata di mano, una libreria di file condivisa che ci consente di trovare subito ciò che cerchiamo, da qualunque postazione, è il minimo indispensabile. Ma questi consigli non sono validi soltanto per chi viaggia, o per chi ha fatto della mobilità uno stile di vita. Sono consigli validissimi anche per chi non si muove mai dal proprio ufficio.

Perché capita sovente di avere a che fare, durante la giornata, con telefonate, call Skype, riunioni ed email inaspettate. I team lavorano su obiettivi che si sovrappongono, la pressione conduce a errori, e a volte il momento migliore per “fare” un lavoro non è quello che gli altri hanno pensato per noi.

Ottimizzare le risorse ed evitare lo spreco di tempo significa valorizzare al massimo il talento delle persone. Pensare “mobile” è profondamente diverso dal sapere utilizzare bene lo smartphone. Certo, conoscere le applicazioni migliori per la produttività aiuta, e non mancherò di suggerirtele durante questo percorso. Ma non raggiungerai mai i risultati che ti sei prefissato se non impari a comprendere come ottimizzare il tempo, il tuo tempo, a renderti responsabili di esso.

 

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In un’epoca in cui l’organizzazione del lavoro è diventata flessibile, ci troviamo di fronte a un grande problema e al tempo stesso a una grande responsabilità. Essere always on è una criticità che va affrontata e dominata, non gestita

 

Fare ordine e cambiare forma mentis  

Ho letto libri molto interessanti in questi anni, e ho capito che una delle criticità di questa generazione di professionisti sarà quella di gestire le informazioni e non farsi sovrastare da esse. Si spiega cosí, a mio parere, il successo di libri come Il magico potere del riordino di Marie Kondo e Il magico potere di sbattersene il ca**o di Sarah Knight.

Nel primo la Kondo sostiene che facendo ordine in casa e in ufficio in modo radicale, cambiando drasticamente la propria forma mentis, cambiano il proprio modo di vivere e la propria esistenza. Perché tutto questo non dovrebbe riguardare anche oggetti non fisici? Non ti mette l’ansia vedere quelle 1500 email non lette, quel numero spropositato di notifiche sulla chat di WhatsApp, tutte quelle applicazioni che non usi o il desktop del computer così disordinato?

E attenzione perché non si tratta di diventare schematici, ligi alle regole e distaccati. La propensione alla sperimentazione, all’arte, alla creatività intesa come rottura degli schemi va mantenuta, ed è proprio per questo che il pensare mobile diventa una necessità.

Ci sono sempre più aziende che spingono i loro dipendenti a lavorare durante la settimana da postazioni diverse, a contatto con persone diverse, anche “uscendo” dall’azienda. È un modo incredibilmente produttivo per confrontarsi con altri professionisti, o anche solamente cambiare prospettiva per qualche ora. E cambiare ambiente aiuta a trovare nuove soluzioni. In un mercato in cui moltissimi servizi sono simili e il prezzo non è più, finalmente, la leva principale delle nostre scelte, la creatività diventa una skill fondamentale.

Il mobile working è anche sincerità, è scegliersi per quello che siamo e per quello che possiamo dare agli altri. È rispettare i tempi, rispettandosi.

 

L’impatto sulle aziende e sul lavoro

Il mobile working ha avuto un impatto notevole anche sulle aziende, impegnate oggi a garantire che l’infrastruttura presente sia adeguata e consenta di cogliere appieno i vantaggi offerti da una maggiore mobilità: è una grande opportunità, da cogliere subito, un metodo che premia un approccio gradito anche alle giovani generazioni che iniziano ad avere ruoli importanti all’interno delle aziende e della società stessa.

I dispositivi sono diventati rapidamente molto di più che semplici gadget consumer. Sono strumenti di business preziosi in grado di soddisfare ogni tipologia di lavoro: dalla condivisione di file, all’accesso a dati aziendali importanti fino alla partecipazione alle video conference call da postazioni diverse.

Da non sottovalutare il fatto che questo nuovo approccio ha abbattuto i confini e permesso ad aziende di diverse nazioni (e anche di differenti continenti) di poter collaborare in continuità. In un recente sondaggio, Mobile Living Index di EE, il 60% degli intervistati ha dichiarato che la tecnologia 4G fa risparmiare tempo nel lavoro e il 77% ha ammesso che la propria produttività è cresciuta dalla sua introduzione. Non è certo una novità, ormai siamo tutti consapevoli dei benefici che la mentalità mobile-first può offrire al business.

Sgombriamo subito il campo da due dubbi: in primis mobile working non si traduce con “lavorare da casa”. In secondo luogo non c’è niente di nuovo in questa pratica, se non una sublimazione garantita dalla diffusione, a prezzi relativamente modici, di device quali tablet e smartphone, caricatori portatili, chiavette Internet e quant’altro.

L’insieme di un buon metodo di gestione, strumenti adeguati e sistemi interconnessi (casa e ufficio) può far sì che gli spostamenti diventino un’occasione molto produttiva per svolgere determinate attività.

Mentre la tecnologia continua a offrire alla maggior parte di noi dispositivi mobili più potenti e un accesso veloce alla rete, aumentano anche le possibilità di organizzare la propria vita e il proprio lavoro in modalità “mobile”. Ma non sempre le sfruttiamo, e continuiamo a gestire male le nostre continue interruzioni (metro, dottore, fila alle Poste, per fare qualche esempio, nel quale ci imbattiamo ogni giorno).

Il problema è gestire il caos causato dalle tante opzioni disponibili su tali apparecchiature. Se non si ricorre a una metodologia capace di intercettare, chiarire e organizzare le informazioni, con applicazioni e strumenti adeguati per far fronte a ogni cosa con prontezza, l’accesso mobile alla rete sarà sottoutilizzato o addirittura diventerà a sua volta fonte di distrazione improduttiva o stress. In primis si deve imparare a stabilire le priorità, organizzare le informazioni, gestire e pianificare gli impegni, delegare ciò che non è di nostra competenza. E, state tranquilli, che uno smartphone non ci salverà, ma il pensare mobile !

 

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