Se si vuole avere successo su Google, posizionare il sito in modo corretto e ottenere ottimi risultati di conversione, la scelta delle keyword, le parole chiavi, è fondamentale. Nel mondo della SEO tante cose sono cambiate negli anni, ma la ricerca delle keyword ha una sua logica che rimane costante: va fatta ponderando il ROI (ritorno di investimento) misurabile non solo per il traffico intrinseco che potremmo sviluppare, ma anche per la qualità propria della keyword ovvero la sua redditività.
Nel 2017 Google sta continuando ad affinare i filtri della qualità dei contenuti, proseguendo in un percorso iniziato con l’algoritmo Panda cinque anni fa e che oggi trova la sua espressione nel cosiddetto algoritmo Hummingbird. Posizionarsi su Google nell’era di Hummingbird significa considerare le keyword in una prospettiva differente.
Prima di iniziare la ricerca sulle parole chiave è logico chiedersi: quali devo scegliere? Quanti concorrenti stanno scegliendo e lavorando sulle stesse keyword? Logico pensare quindi che la ricerca delle keyword sia anche un’analisi della concorrenza. E il concetto di per sé non è sbagliato. Il mio approccio da anni è molto semplice: vedi cosa stanno scrivendo gli altri e fallo meglio, ma naturalmente non basta come consiglio.
La ricerca delle parole chiavi, ridotta all’essenziale, è lo studio delle frasi e delle parole che gli utenti inseriscono nel campo di ricerca di Google. La ricerca è una componente fondamentale del processo di ottimizzazione perché avendola fatta possiamo generare sia un piano editoriale, sia impostare una strategia completa di posizionamento.
Quando i clienti vengono da YourTarget per posizionare “parole chiavi” noi rispondiamo che non basta, che è un approccio troppo semplicistico e schematico. Preferiamo parlare di “contenuti”, ma solo perché sappiamo che li costruiamo dopo aver fatto un’analisi complessiva delle parole chiavi.
Keyword principali e long tail keywords
Il primo consiglio che viene in mente quando si fa la ricerca è che si deve passare dal generico allo specifico. Viene chiamata “Long tail keyword” quella parola chiave in grado di generare un interesse costante nel tempo, contrassegnata da un certo numero di parole. Una frase dunque. Al contrario la parola chiave principale, detta “head”, è solitamente generica.
Un esempio chiarisce subito la differenza: “hotel” è la parola chiave principale, “hotel a Roma centro” è la long tail keyword. In mezzo c’è una frase – chiamata “il corpo” della parola chiave – che è “hotel Roma”. Chiunque abbia avuto esperienza di posizionamento sa che la long tail keyword, tra queste tre è la più facile apparentemente da posizionare, ma senz’altro è quella più remunerativa. E lo è per un semplice motivo: è molto più precisa e vicina ad un’intenzione reale dell’utente.
L’intenzione dell’utente è ciò che conta maggiormente nel 2017 e personalmente ritengo che sia l’elemento validante di ogni ricerca sulla parola chiave. Se un utente sta cercando “hotel a Roma”, le sue intenzioni non sono molto chiare, dovremmo investigare la keyword, capirne la natura effettiva, cosa comprende a livello di comportamenti e azioni. Se l’utente digita invece “hotel a Roma centro” ci sta già aiutando a filtrare, dandoci indicazioni più precise non solo dal punto di vista geografico, ma anche da quello comportamentale. Se sono un SEO esperto posso dedurre che dall’analisi della parola chiave, chi cerca “hotel a Roma centro” lo faccia proprio perché voglia stare al centro della città, a un tiro di schioppo dai monumenti (che quindi dovranno rientrare necessariamente nel piano editoriale del sito che sto posizionando per questa keyword).
Ora, questo discorso può sembrare prettamente umanistico, ma poggia su valide basi scientifiche quando andiamo a utilizzare gli strumenti per la ricerca delle parole chiavi. È in essi che possiamo vedere confermata la naturale tendenza degli utenti a interrogare il motore di ricerca come se fosse un assistente e quindi usare frasi anziché parole secche.
Gli strumenti per analizzare le ricerche e fare una scelta consapevole si dividono in due gruppi. Quelli che sondano le parole chiavi, fornendo stile sulle ricerche mensili, i livelli di concorrenza negli annunci pubblicitari, il grado di pertinenza come ad esempio lo strumento per le parole chiave di Google AdWords, oppure un’alternativa come Wordstream. Altri strumenti sono keywordtool.io e serps.com, tutti a pagamento.
Un’altra tipologia di tool o strumenti è quella che invece analizza la difficoltà di posizionamento delle parole chiave. Rientrano in questo novero lo strumento apposito di Semrush o quello di MOZ. C’è un modo per analizzare le parole chiave tastandone la difficoltà senza usare i tool? La risposta si. Bisogna usare i parametri di ricerca avanzata su Google e analizzare la concorrenza reale sul campo per ciascuna keyword.
Usare i parametri avanzati di Google per scegliere le keyword:
Allintitle, allinurl, allinanchor.
Utilizzando l’operatore allintitle assieme alla parola chiave, stiamo filtrando su Google tutti quei siti che all’interno del title tag la stanno utilizzando. Perché è importante? Perché l’ottimizzazione del title tag è uno dei fattori di posizionamento che i “seo specialist” anche alle prime armi fanno. È dunque ragionevole pensare che tutti quei siti che abbiano una determinata keyword nel title tag, stiano effettivamente facendo operazioni di ottimizzazione su di essa. Prendiamo dunque la reale concorrenza sul campo, espressa nel numero di pagine presenti sull’indice di Google.
L’operatore allinurl invece ci restituisce il numero di siti che contengono la parola chiave all’interno della URL, nome di dominio o pagina (oppure articolo). Perché questo parametro ha la sua importanza? Semplice: se voglio posizionare un sito per una determinata parola chiave, è ovvio che dovrà realizzare un contenuto apposito. Uno dei primi fattori di posizionamento di cui dovrò tenere è la presenza della parola chiave nell’indirizzo della pagina. Nell’esempio sotto, se ripetete la stessa ricerca dal vostro computer, noterete che tutti i risultati hanno la parola chiave all’interno dell’URL.
Infine con l’operatore allinanchor posso scoprire quali pagine indicizzate su Google, vengono linkate utilizzando proprio la sequenza precisa della parola chiave. È una spia del fatto che qualcuno sta costruendo link estremamente mirati. Questo ci dà modo non solo di capire cosa sta facendo la concorrenza, ma anche trovare fonti di link che possiamo sfruttare come hanno fatto gli altri. Prima dell’aggiornamento Penguin questo operatore era più rilevante, in quanto tutti abusavano dell’anchor text per posizionare meglio un sito (l’anchor text è la parola chiave usata per linkare un sito da un altro sito). Le cose sono cambiate: una over ottimizzazione dell’ancora porta alla penalizzazione, ma è un fattore molto rilevante, tanto che usarlo sapientemente e in modo moderato, può portare tanti vantaggi.
I numeri richiamati alla nostra attenzione dalle immagini, sono infinitamente più piccoli di quelli della ricerca iniziale:
Questo tipo di raffinazione delle parole chiavi ci serve a capire su quale puntare, tra quelle scelte con gli strumenti per la ricerca. Con un avviso importante: la pubblicazione di un piano editoriale non si deve mai fermare alla keyword. I consigli di Google sono molto chiari e andrebbero seguiti: non dobbiamo scrivere per il motore di ricerca, ma per l’utente. In questo modo non corriamo il rischio di scrivere pezzi vuoti, che parlano di sole keyword, magari di scarso peso è sempre dietro l’angolo e dobbiamo scongiurarlo. Una parola chiave corretta è quella che interpreta meglio le intenzioni dell’utente e che abbia comunque un intento commerciale. Non vale la pena perdere tempo in parole chiavi generiche, che poi sottintendono la volontà di cerca un prodotto o un servizio gratuitamente.
Gli strumenti ideali per la ricerca delle keyword
L’approccio migliore resta quello di fare una ricerca utilizzando strumenti come quello fornito da AdWords, con l’avvertenza che per usarlo bisogna avere una campagna pay-per-click attiva al momento della ricerca, altrimenti o non abbiamo dati oppure Google ci mostra un range che è troppo ampio per avere un’idea precisa del numero di persone che mensilmente effettuano una ricerca. Detto ciò, gli operatori come quelli mostrati nelle immagini aiutano a filtrare notevolmente l’indice di Google, dicendoci a quanta concorrenza andremo incontro. Fermo restando che per completare la ricerca andrebbe compiuta un’analisi completa sul valore dei siti, che autorevolezza hanno, quanti link in entrata possiedono e così via (per questo esistono tool come Majestic, MOZ, Semrush, Ahrefs, tutti a pagamento, ma molto utili se il nostro progetto è ricco e ha buone prospettive).
In definitiva, una buona ricerca delle parole chiave parte dall’analisi delle intenzioni dell’utente per arrivare all’analisi della concorrenza. Ogni volta che cerchiamo una keyword dobbiamo porci le seguenti domande:
Cosa vuole trovare realmente l’utente quando digita una frase?
La parola chiave è remunerativa?
Dà spazio a ricerche non commerciali per servizi o prodotti gratuiti?
Quanti siti stanno facendo il posizionamento sulla stessa?
Che tipologia di siti sono, che autorevolezza hanno?
La difficoltà della keyword si ottiene da una media ponderata tra numero di ricerche, disponibilità degli inserzionisti a spendere, numero di siti / pagine che partecipano al posizionamento, qualità dei domini e delle pagine in termini di trust, link popularity e user experience (dati di traffico, condivisioni sociali). Una keyword con troppa concorrenza può essere impossibile da scalare con poco budget e poco impegno sui contenuti; una buona ricerca deve partire dall’assunto che la miniera può avere filoni nascosti nei quali trovare autentiche gemme.