Quello dei trend SEO di Google e dell’ottimizzazione dei siti web per i motori di ricerca è certamente uno dei temi più gettonati tra la fine di un anno e i primi mesi del nuovo. Almeno da qualche anno a questa parte, perché questa disciplina è ancora giovane e in costante evoluzione, così come cambiano le tecnologie, i dispositivi e le abitudini degli utenti della Rete, oltre che gli algoritmi di posizionamento e le linee guida dei motori di ricerca.
Tra tutti, ancora oggi, Google è certamente quello più temuto dai professionisti del Web, perché continua ad essere il più utilizzato e perché il suo approccio alla materia è sempre motivo di dibattito, tra gli addetti ai lavori.
L’algoritmo di Google nel tempo
Sono già storia i cambiamenti nell’algoritmo operati negli ultimi anni da Big G: Panda (2011), EMD e Penguin (2012-13), Hummingbird e Payday Loan (2013), Pigeon (2014), Mobilegeddon e Rankbrain (2015), Fred (2017), Maccabees (2017-2018)[1], sono alcuni degli aggiornamenti noti, su cui si sono sprecati fiumi di parole sul Web da parte di esperti e analisti della SEO in relazione alle conseguenze sul posizionamento dei siti nella SERP di Google.
Lo stesso termine posizionamento negli anni ha cambiato più volte significato e senso, dalla sua iniziale forma statica e “assoluta” a quella assolutamente dinamica e relativa, sempre più personalizzata, dell’attuale panorama legato alla ricerca.
Il sorpasso della fruizione della Rete dai dispositivi fissi a quelli mobili e l’intervento di nuove tecnologie e dispositivi, oltre che di nuove abitudini di consultazione del Web e dei suoi servizi, ha cambiato radicalmente la SEO e ridefinito in pochissimo tempo l’intero settore.
Oggi parlare di Web è parlare di Mobile Web e parlare di ricerca significa riferirsi a molte differenti tipologie di consultazione delle informazioni presenti in Rete.
In linea generale i principali cambiamenti che stanno influenzando la SEO in questi ultimi anni sono dovuti a due tipologie di fattori e di prospettive: i progressi tecnologici (Big Data, Intelligenza Artificiale e altro) e i comportamenti degli utenti (fruizione da mobile, intento di ricerca, ricerca vocale).
Mobile First e Voice Search
Oggi un’importante fetta delle ricerche fatte in Rete parte dagli smartphone e da dispositivi mobili. Questo ha fatto sì che la velocità dei siti e la loro capacità di rispondere alle ricerche degli utenti in modo rapido, chiaro, sintetico e quanto più possibile adattabile a ciascuna tipologia di dispositivo (smartphone, phablet, tablet, ma anche smartwatch e altro), diventassero di importanza critica e prioritaria, come confermato dall’implementazione del Mobile-First Index, rilasciato da Google a primavera del 2018.
Ma non è soltanto l’adattabilità ai diversi dispositivi (responsiveness) e la velocità di caricamento dei siti a fare oggi la differenza, anche se questo parametro è tra quelli fondamentali (e può essere testata con semplici strumenti come https://developers.google.com/speed/pagespeed/insights/).
Nel frattempo la rete mobile di quarta generazione (4G) sta già risolvendo gran parte dei problemi di navigazione in mobilità, tanto da consentire senza problemi addirittura la fruizione in streaming di film, partite di calcio e video di ogni genere, cosa che fino a pochi anni fa (se non addirittura mesi) non era affatto scontata (oltre che estremamente costosa).
La rete 5G renderà le cose ancora più semplici (e di gran lunga, perché è accreditata di prestazioni sorprendenti), ma da qui al 2020, quando essa dovrebbe essere realtà almeno su una parte del territorio nazionale, un’altra delle sfide importanti oltre alla velocità del sito sarà quella della ricerca vocale. Un trend che sta accelerando vertiginosamente, grazie anche all’introduzione nelle case e negli uffici di dispositivi connessi come Google Home e Amazon Echo, che stanno insegnando alle persone a chiedere a voce ai motori, in linguaggio naturale, le informazioni di cui hanno bisogno.
Come cambia la ricerca dalla digitazione alla pronuncia a voce? Scrivere e parlare sono due cose molto diverse tra loro, soprattutto se i nuovi dispositivi ci allenano a parlare con loro come faremmo con un nostro amico o parente, senza inutili formalismi e in modo spontaneo. Questo è un cambiamento importante, di cui chi si occupa di SEO deve tener conto. Se fino a qualche tempo fa avremmo digitato su Google “migliori trattorie tradizionali di Milano”, ad esempio, oggi è molto più probabile che lo facciamo dicendo “Hey Google, mi consigli una vera trattoria milanese dalle parti di San Babila?”. Ciò non significa che la prima forma non è più efficace, ma che senza la seconda stiamo perdendo molte ottime occasioni, se il nostro sito non è in grado di rispondere ad entrambe, magari con pagine diverse appositamente progettate per questa esigenza, con frasi e periodi formulati in modo colloquiale e diretto (es: “Se quello che cerchi è una vera trattoria milanese in zona San Babila, la nostra osteria storica è qui dal 1920 per darti il meglio della cucina tradizionale di Milano, a due passi dal Duomo e dalla Galleria”).
Link Building o ling earning?
Sin dall’inizio l’architettura della Rete si è sviluppata attraverso collegamenti tra siti. Non diversamente da quanto avviene nella società umana, infatti, la navigazione nell’immenso mare del Web (che conta oggi poco meno di 2 miliardi di siti[2]) è avvenuta attraverso link che collegano tra loro i siti e i loro contenuti.
Questo parametro è stato dunque uno dei più semplici tra quelli utilizzati dai motori per comprendere quali fossero i siti più importanti: più siti linkano ad un singolo sito più questo è importante. Troppo semplice per essere del tutto vero. Negli anni questo approccio ha determinato un’insana corsa ad accaparrarsi link di ogni genere, a più riprese stigmatizzata e giustamente penalizzata da Google e dagli altri motori, perché del tutto folle e per niente utile agli utenti, che al contrario finivano per disperdersi in un dedalo di collegamenti non pertinenti.
“Il #ranking, anzi i fattori di ranking,
stabiliti da #Google non sono gli stessi.
Si evolvono, continueranno a farlo.
È questo il bello e il brutto della #SEO.”
Nonostante la crociata di Google & Co., tuttavia, i link in entrata continuano ad essere un parametro importante per determinare l’autorevolezza di un sito, ma questi devono essere guadagnati, non comprati. Ed essere naturali, in linea con il tema trattato dal sito e di buona qualità, affinché possano davvero influire in ottica SEO.
Attrarre link non è un lavoro semplice, ma con un buon lavoro di content creation non è impossibile che le nostre ricerche, i nostri studi, i nostri articoli di scenario e quelli che mettono in evidenza la nostra vision possano essere oggetto di collegamento da parte di siti del nostro settore, che possono citare parti di tali contenuti o integrare una loro infografica o una tabella linkando al post originale. Così come una buona politica di relazioni e di interazioni sui canali della Rete può sicuramente agevolare il compito e generare nuove opportunità di collegamento, reale (partnership, collaborazioni) e sotto forma di link.
Quanto ai link interni e a quelli in uscita, invece, la sola regola resta quella di utilizzarli allo scopo di aiutare e favorire la navigazione degli utenti, guidandoli nel sito e all’esterno nel modo più lineare e semplice possibile.
Fattori legati alla User Experience e alla navigazione
Potrà sembrare ovvio, ma gran parte del lavoro che gli update degli algoritmi dei motori agisce sulla capacità di riconoscere, oggi anche attraverso machine e deep learning e altre forme di intelligenza artificiale, la qualità dei contenuti e l’assenza di ostacoli ad una corretta fruizione e navigazione dei siti.
Quando si parla di contenuti di qualità ci si riferisce a tutto ciò che è davvero in grado di catturare l’interesse e l’attenzione di chi atterra sul sito e che lo aiutino a capire meglio, a imparare, a sviluppare ulteriori curiosità e interessi e ad apprezzare la materia che trattiamo. L’esatto contrario di tutti i siti nati soltanto per convincere e per vendere a partire da slogan e contenuti promozionali, autoreferenziali e preconfezionati.
Contenuti scadenti, irrilevanti o copiati da altri siti, eccessiva presenza di pubblicità o di elementi di disturbo e ogni genere di trucco o tecnica per ingannare utenti (e motori) sono banditi da sempre e oggi molto più semplici da individuare. Le linee guida di Big G parlano chiaro: se piace agli utenti piace anche a Google e di sicuro agli utenti non piace tutto ciò che limita o disturba la sua navigazione, che al contrario deve essere il più possibile semplificata.
Tra i fattori che continuano ad essere fondamentali ci sono dunque tutti quelli che influenzano la frequenza di rimbalzo e la permanenza sul sito che come già evidenziato, si traduce sostanzialmente nella presenza di contenuti di qualità e nell’assenza di elementi di intralcio. Nell’ottica di fruire agli utenti una navigazione ottimale, la sicurezza di navigazione è un parametro importante da implementare: installare certificati SSL (https://…) ha oggi costi sostenibili o addirittura nulli. Ciò permette di garantire transazioni criptate e protette.
SEO e Influencer marketing
Così come per la link building, anche le collaborazioni con blogger e influencer della rete devono essere pensate in funzione dell’ecosistema del sito, prima e più che della popolarità dei soggetti coinvolti. Chiara Ferragni rappresenta un grandissimo nome e un’ottima opportunità per le aziende e i siti che trattano di moda, di lifestyle e di mondanità, ad esempio, ma la sua popolarità internazionale non è la chiave per il successo in tutti i settori e ambiti. Saper distinguere tra un testimonial e un influencer è un ottimo modo per progettare campagne di influencer marketing che siano utili anche in ottica SEO, grazie agli eventuali link sui loro siti e su altre possibili piattaforme.
Questi e pochi altri fattori faranno una grande differenza nel 2019, unitamente ad una strategia di lungo termine basata sulla conoscenza delle linee guida e delle buone pratiche suggerite dai motori, sul buon senso e sulla capacità di comprendere le dinamiche più genuine della Rete: relazione, interazione, collaborazione, coinvolgimento, reciprocità, allontanando quanto più possibile dalla cultura e dal vocabolario aziendale autoreferenzialità e centralità dell’azienda rispetto alle persone e alle loro esigenze.
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